BUCA DEL CORNO - ENTRATICO


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Casini S. 1994

DOCUMENTI > PALETNOLOGIA

Casini Stefania, 1994
Conservatore Civico Museo Archeologico di Bergamo

I RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI
DELLA BUCA DEL CORNO DI ENTRATICO

I ritrovamenti archeologici della Buca del Corno di Entratico sono di grande importanza per la ricostruzione della storia del popolamento della fascia prealpina bergamasca.
Nella grotta, indagata a varie riprese nel corso di un intero secolo, tuttavia, non sono mai stati condotti scavi a carattere scientifico e ciò limita enormemente la conoscenza delle modalità di utilizzo della cavità.
La Buca del Corno è stata al centro dell'interesse dei naturalisti fin dal 1700, interesse che ha portato nel 1872 alle prime scoperte archeologiche da parte di Antonio Stoppani. In occasione di una ricognizione, in compagnia di Forsyth Major e di E. Spreafico, egli scavò un deposito all'interno di una piccola ramificazione cieca sulla destra dell'ingresso della grotta, da cui raccolse un frammento di ceramica grossolana, due strumenti in selce, alcuni frammenti di ossa lavorate, ed un incisivo di un esemplare appartenente al genere Marmota (sinonimo di Arctomys). Successivamente furono operate varie raccolte, sempre nello stesso deposito già indagato dallo Stoppani. Nel 1888 Alessio Amighetti rinvenne uno strumento litico (forse una lama), attualmente non più reperibile. Oltre ad alcuni resti faunistici rinvenuti da Cesare Chiesa verso il 1927, un consistente numero di reperti furono recuperati da Faustino Borra nel 1938. Questi materiali, allora depositati presso il Museo di Scienze Naturali di Bergamo, furono illustrati da Enrico Caffi nella Rivista di Bergamo (1938) e attribuiti al Neolitico. Si tratta di alcuni frammenti ceramici, due cuspidi di freccia in selce, lavorate con ritocco coprente bifacciale, un elemento di falcetto ottenuto con la stessa tecnica di lavorazione, un'ascia in pietra verde levigata, 27 vaghi di collana in calcite, a forma di anellini, una mandibola ed un frammento di cranio anneriti per effetto del fuoco.
Tutti i materiali provenivano da un livello di spessore limitato, con carboni, collocato tra uno strato superiore di ciottoli e terra ed un banco inferiore di argilla.
Nel 1938 anche Carlo Maviglia compì delle ricognizioni nella grotta, raccogliendo altro materiale, probabilmente tra il terreno rimosso dai precedenti interventi. Nel 1942- 43 Luciano Malanchini, in seguito ad alcune escursioni, rovistando nel deposito già intaccato dal Borra, rinvenne altri 35 anellini di calcite per collana, un frammento di freccia in selce con peduncolo, un frammento di un altro strumento litico ed alcuni frammenti di ceramica, sia grossolana, che di impasto più depurato.
I materiali, come nei casi precedenti, erano frammisti a carboni e a ossa umane ed animali, frammentate ed in parte annerite.
Gli ultimi ritrovamenti risalgono alla fine degli anni '60, ad opera del Gruppo Speleologico Bergamasco (sezione di Trescore): una sepoltura con corredo fu rinvenuta lungo la parete destra del corridoio della grotta, ed altri inumati di epoca medievale o moderna furono rinvenuti nella sala detta del "Campanile" e nel cunicolo finale della grotta, sbarrata da una frana.
I materiali furono in seguito studiati ed illustrati da Ottavio Cornaggia Castiglioni, il quale per primo ne fece un corretto inquadramento culturale e cronologico.
Le modalità, tuttavia, di recupero delle testimonianze archeologiche non permettono oggi di conoscere i rituali di sepoltura, tra cui è indiziata la semicombustione delle ossa; per lo stesso motivo, pur essendo i materiali attribuibili a diverse fasce cronologiche, non è possibile neanche stabilire le diverse fasi di utilizzo della grotta nel corso del tempo.
Altrettanto gravi sono state le modalità di conservazione dei reperti, che non sono stati tenuti distinti a seconda della provenienza dai diversi punti cosicché non è più possibile oggi individuare quali aree della grotta sono state privilegiate nelle diverse fasi cronologiche.
Contrariamente a quanto affermato in parte dalla letteratura più antica, l'utilizzo della grotta è dunque avvenuto a scopo funerario, anziché insediativo. Lo attestano le sepolture ad inumazione, il carattere dei materiali rinvenuti, comuni ad altre deposizioni in grotta di ambiente prealpino,- anche ai focolari individuati devono essere attribuiti scopi rituali di carattere funebre.
Dallo studio antropologico degli inumati, si è potuto definire il sesso e l'età dei defunti: si trattava di quattro adulti (due uomini e due donne) e di cinque bambini di età compresa tra due e dodici anni.
I materiali fino ad oggi pubblicati sono soprattutto oggetti di ornamento, strumenti in selce ed in pietra e frammenti ceramici, difficilmente inquadrabili da un punto di vista cronologico se privi di un contesto associativo ben datato.
Potrebbero risalire al Neolitico due asce in pietra levigata ed alcuni frammenti ceramici decorati ad impressione. Tuttavia la maggior parte dello strumentario litico mostra caratteri tipici di un periodo che copre tutta l'età del Rame e l'antica età del Bronzo. Più probabilmente al III millennio a.C. sono da riferire le due piccole asce in pietra levigata (una in particolare è in giadeite), le punte di freccia bifacciali con peduncolo e spalle ed il frammento di selce interpretato come codolo di pugnale, i vaghi di collana in calcite, la perla cosiddetta ad ailettes. Sono invece da attribuire con maggiore probabilità all'età del Bronzo due elementi di falcetto in selce di forma rettangolare e il raschiatoio bifacciale di forma ovale.
Le sepolture di Entratico si inquadrano in un fenomeno che si va chiarendo grazie agli scavi più recenti, condotti con metodi scientifici in altre località della fascia prealpina.
Le inumazioni in grotticelle o sotto riparo delle Prealpi lombarde formano un gruppo geografico consistente e piuttosto omogeneo, la cui tradizione copre l'età del Rame e si prolunga fino all'inizio dell'età del Bronzo antico. Esso comprende altre grotte della Bergamasca, il Bus del Cunì di Berbenno, il Bus del Paier e di Andrea di Zogno, il Bus della Scabla e di Corna Altezza di Aviatico, il Canai dell'Andruna di Premolo, la grotta di Corna Coegia a Locatello, il riparo della Val Merci a Castione della Presolana. Sempre in Lombardia vanno menzionate le sepolture sotto riparo di Manerba sul lago di Garda, quelle della Grotta della Sabbia e del monte S. Martino nel lecchese; il fenomeno è conosciuto anche nel Trentino, nel Veneto, nella Liguria e nella Toscana settentrionale costiera.
Elementi comuni a questo gruppo sono il carattere collettivo delle sepolture, con la collocazione dei defunti sul terreno senza alcun tipo di copertura, la frequente presenza di ossuari dovuti ad una raccolta di deposizioni precedenti, al fine di liberare la zona per nuove sepolture; in molti casi è stata rilevata la semicombustione dei resti, da riferire a pratiche rituali peculiari di questa vasta area. Non è possibile al momento stabilire se gli inumati delle varie grotte appartengano a gruppi familiari, anche se alcuni studi antropologici effettuati nel Trentino hanno messo in rilievo la marcata somiglianza dei resti umani di uno stesso complesso.
È comune inoltre la predominanza di oggetti di ornamento personale come corredo funerario, in particolare le collane con perline di calcite, arricchite di denti forati o conchiglie, la quasi totale assenza di pugnali litici bifacciali foliati e di pugnali ed asce in rame, che si rinvengono in maggior numero nelle sepolture individuali della pianura.
Differenze marcate tra i rituali funerari di questo gruppo e di quelli che popolano la pianura potrebbero essere dunque attribuite a diversità di carattere culturale, anche se gli aspetti formali della ceramica non permettono una distinzione così netta.
Queste testimonianze archeologiche sono per il momento molto poco indicative per la conoscenza delle genti insediate nella fascia prealpina, di cui non sono stati rinvenuti insediamenti e non si hanno dati sulle attività di sussistenza. Anche un inquadramento cronologico, in termini assoluti, è assai difficoltoso. Alcuni oggetti tuttavia permettono di risalire a contatti tra popolazioni lontane attraverso forme primitive di scambio, legate al reperimento della materia prima. Le perle ad aìlettes, ad esempio sono comuni nella Francia meridionale e contano pochi esemplari anche in Italia, dove il limite di diffusione più orientale è rappresentato proprio dai reperti bergamaschi, tra cui figura anche l'esemplare di Entratico. La giadeite della piccola ascia della Buca del Corno, inoltre, proviene quasi sicuramente dalle Alpi piemontesi meridionali, mentre alcune conchiglie marine rivelano contatti con popolazioni costiere.
Recenti ricerche nel territorio bergamasco, effettuate dalla Soprintendenza Archeologica della Lombardia, vengono a colmare alcuni vuoti di conoscenza, soprattutto dell'età del Rame. In riferimento alla Buca del Corno di Entratico, sono di particolare interesse i ritrovamenti di Trescore Balneario: un sito interpretato come di culto funerario nella località Canton, alcuni reperti sporadici nella località Aminella e testimonianze da un'altra grotta nella località Fornaci. Essi gettano nuova luce sul popolamento di questo territorio nell'età del Rame, che potrebbe rivelarsi di notevole consistenza attraverso ricerche mirate, come sembrano dimostrare alcune ricognizioni di superficie condotte nei dintorni della Buca del Corno stessa.

Bibliografia

CAFFI E., Sepolcreto neolitico della Buca del Corno in Val Cavallina, in Rivista di Bergamo, 17, 2, 1938, p. 68 ss.
Malanchini L., Escursioni scientifiche. La Buca del Corno, in L'Eco di Bergamo, 1942 (n. 120 e 150).
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Stefania Casini è la conservatrice del Civico Museo Archeologico di Bergamo che nel libro "Entratico", pubblicato dal Comune nel 1994, ha redatto il capitolo "I ritrovamenti archeologici della Buca del Corno di Entratico" .
Ha conseguito la Laurea in lettere classiche con indirizzo archeologico presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nel 1982 e si è specializzata in Archeologia Preistorica presso l'Università di Pisa nel 1986. Svolge attività didattica presso gli atenei di Milano, Bergamo e Brescia sul tema della preistoria continuando la sua opera di schedatura e inventariazione per la Soprintendenza archeologica e per Musei. Conduce scavi e ricerche archeologiche, organizza mostre e convegni. Ha al suo attivo 71 pubblicazioni.





Strumenti dell'industria litica scheggiata trovati nella Buca del Corno di Entratico




Asce in pietra levigata trovate in punti diversi della grotta

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