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DOCUMENTI > PALETNOLOGIA
Enrico Caffi, 1938
SEPOLCRETO NEOLITICO NELLA BUCA DEL CORNO IN VALCAVALLINA
(In: RIVISTA DI BERGAMO, anno 17, n. 2, febbraio 1938, pp. 68-71).
La Buca del Como o grotta dei pipistrelli, già descritta dallo Stoppani nella serata XIX del suo «Bel Paese» e recentemente da L. Gennari in «Rivista di Bergamo», è ben nota ai nostri escursionisti speleologi.
Ad essa io ritorno oggi, non per studiarne l’origine, lo sviluppo, le incrostazioni o i pipistrelli che vi abitano, ma per meglio determinare i suoi rapporti coll’uomo antico, detto preistorico da chi ha voluto supporre che l’uomo,fabbricatore di utensili di pietra, sia più antico dell’uomo del periodo storico.
Lo Stoppani dice alla nipote: “si convenne di chiamare preistorici quegli uomini o quelle popolazioni delle quali si scoprano le tracce, come sarebbero edifici, tombe, armi, attrezzi, ma di cui non c’è nulla di scritto, di veramente storico. Possono dirsi adunque preistorici anche dei popoli tutt’altro che antichi.
La esistenza nella nostra Provincia dell’uomo, fabbricatore di utensili di pietra, non ha bisogno di dimostrazione perchè manufatti litici sono stati trovati in parecchi luoghi all’aperto e dentro grotte: giova invece fermare la attenzione su quegli avanzi che dimostrano le abitudini di quelle popolazioni primitive.
Nella Buca del Como, dice lo Stoppani, “ci demmo a frugare, aiutati dallo zappone, il terriccio che formava uno strato dell’altezza di mezzo metro all’incirca, entro una nicchia naturale, precisamente sull’ingresso della caverna”. Il geologo lecchese, che in quel giorno si sentiva un certo malessere che andava crescendo, era aiutato nelle ricerche da Forsyth Major e da E. Spreafico: estrassero carboni spenti, ossa lavorate, due frammenti di coltelli di selce e alcuni frantumi di rozze stoviglie: il tutto mescolato ad un terriccio nerastro e grasso che si poteva proprio dire la spazzatura di quella casa veramente primitiva
Prima d’oggi Bergamo poteva invidiare Milano che conserva nel suo museo quel materiale: oggi Milano può invidiare Bergamo, perché per benemerenza del sig. Borra Faustino, podestà di Gaverina, il nostro Museo Civico di Storia Naturale ha ricevuto in dono altro materiale che meglio definisce l’età e i costumi di questi antichi abitatori della Valle Cavallina. Il sig. Borra, facendo ricerche nella stessa nicchia dello Stoppani, in un deposito argilloso ricoperto di detriti, ha rinvenuto due cuspidi di freccia di pietra selce, un raschiatoio intero e due frammenti della stessa selce, una accetta levigata di serpentina e parecchi cocci di stoviglie molto grossolaLe punte di freccia, lunghe circa mm. 45 e il raschiatoio, lungo mm. 73, rappresentano una industria locale, perché la selce abbonda nella valle: le stoviglie, con abbondanti granuli di quarzo e lamine di mica, sono state fatte con argille sabbiose, derivanti dall’alterazione di rocce della Vai Camonica, disseminate dal ghiaccio lungo la Valle Cavallina: la accetta lisciata di serpentina verde è stata importata da altre regioni perché tale roccia non si presenta in Lombardia.
Volendo giudicare l’età di questi oggetti dal grado di perfezionamento del lavoro, le punte di freccia e i raschiatoi, considerati isolatamente, si potrebbero riferire al paleolitico, ma la accetta ci obbliga a riferire tutto il deposito ad un periodo più recente perché, come afferma il prof. Pigorini, le accette nostre dai puri strati neolitici non sono mai scheggiate, nè di selce piromaca ma tutte quante levigate e di rocce verdi.
Levigata e di roccia verde è appunto quella che il Borra ha raccolto nella Buca del Corno.
Potremo quindi dire che la popolazione della nostra valle scendeva da famiglie paleolitiche ed era contemporanea a famiglie neolitiche dalle quali ricevette le accette levigate di roccia verde e le stoviglie.
Se i manufatti sono neolitici, l’uomo viveva in Valle Cavallina nel periodo alluvionale, cioè dopo che i ghiacciai si erano ritirati da questa e dalle altre valli bergamasche, quando altrove esistevano già città fiorenti per avanzate civiltà e per uso dei metalli.
L’uomo della Buca del Corno fu detto troglodita ossia abitatore di caverne ma io credo che le caverne, allora come oggi, rappresentino abitazioni non abituali ma occasionali e più spesso invernali: non posso ammettere che i trogloditi rappresentino tutta l’umanità primitiva, perché le grandi ditra le caverne abitate dimostrano la grande diffusione del genere umano il quale né poteva essere tutto raccolto nelle grotte, né poteva lasciare inabitata la zona interposta. La mancanza di tracce in questa zona può attribuirsi alla vita nomade di quelle popolazioni, oppure all’azione delle alluvioni. Stazioni neolitiche, coeve a quella della Buca del Corno, furono trovate in aperta campagna a Fornovo, Mozzanica e Loreto e lo stesso sig. Borra ha donato al nostro museo un’altra ascia levigata, trovata sopra Vigano in Val Cavallina, durante lo sterro per una cisterna.
Buon numero di caverne ha servito evidentemente per sepolture e dimostra, il rispetto di quei popoìi primitivi verso i loro defunti ai quali davano nelle caverne un riposo meno disturbato. E dopo i rinvenimenti del Borra non dubito di affermare che anche la Buca del Corno è stata usata per sepolcreto. Nello stesso deposito, in cui furono trovati i manufatti sopra ricordati, fu raccolta anche una mandibola di fanciullo e un frammento di osso del cranio, parzialmente anneriti, ma senza traccia di calcinazione: quindi sono avanzi di sepoltura e non di cremazione.
La mandibola manca della branca sinistra, forse perduta nei lavori di sterro; manca pure dei denti incisivi e canini, dei quali sono ben conservati gli alveoli; presenta a destra e a sinistra i due premolari sviluppati mentre il primo molare in ambi i lati non ha ancora raggiunto il bordo dell’alveolo e una mandibola certamente umana e per la forma del mento non si allontana dal tipo attuale.
Insieme alla mandibola furono raccolti molti dischetti, dei quali 27 sono stati conservati: sono piccoli dischi di calcare biancastro, opachi e perforati del diametro di 6-10 mm. e lo spessore di mm. 1-5: questi dischetti doformare una collana per ornamento personale del defunto sepolto.
A questa collana corrisponde un identico ornamento trovato in una sepoltura al riparo sotto roccia nella località detta Scalucce in Comune di Breonio (Verona), illustrata dal prof. Pigorini nel 1902. Anche a s. Ilario d’Enza (Reggio Emilia) fu trovata intorno al collo dello scheletro una collana di granelli di marmo bianco, levigati. In queste due località furono pure raccolti oggetti di selce piromaca, frammenti di stoviglie e accette levigate, precisamente come nella Buca del Corno si sono rinvenuti punte di freccia e raschiatori di selce piromaca, frammenti di stoviglie e una accetta levigata di roccia verde.
Il Borra raccolse in fine un artiglio di zampa anteriore d’orso, fortemente curvo, lungo centimetri 13: questo artiglio isolato non dimostra che l’orso abitasse in quella grotta, ma attesta l’antico uso di artigli per ornamento personale e mi conferma nel concetto che il deposito della Buca del Corno rappresenta un sepolcreto del periodo neolitico.
(In: RIVISTA DI BERGAMO, anno 17, n. 2, tebbraio 1938, pp. 68-71).
Enrico Caffi (1866 - 1948)
Sacerdote e naturalista bergamasco, nato a San Pellegrino Terme nel 1866. Appassionato di scienze naturali e di geologia si laureò a Pavia presso la facoltà di Scienze Naturali e poté insegnare presso il collegio Sant'Alessandro e nel seminario vescovile di Bergamo. Il primo nucleo del Museo Civico di Scienze Naturali di Bergamo, che è a lui intitolato, prese l'avvio nel 1917 presso la sede dell'attuale biblioteca Angelo Maj e poi trasferito al palazzo visconteo della Cittadella in Città Alta dove attualmente si trova. Si interessò in particolare di geologia, paleontologia, zoologia e botanica della provincia bergamasca ed è stato il primo direttore del Museo Civico di Scienze Naturali. Alla sua morte, avvenuta a Bergamo nel 1948, lasciò al museo la sua biblioteca e tutto il materiale scientifico in suo possesso.