BUCA DEL CORNO - ENTRATICO


Vai ai contenuti

Menu principale:


Pavan M.paleon-palet - 4

DOCUMENTI > INTERESSE MULTIPLO

PALEONTOLOGIA E PALETNOLOGIA

I primi scavi rii cui si ha notizia compiuti al Buco del Corno con lo scopo di portare alla luce i resti di eventuali antichi abitatori della grotta, uomo ed animali, vennero effettuati il 12 aprile 1872 da Forsyth Major, da Spreafico, e dall'Abate Stoppani, (64). Scavando tino a 60 cm. di profondità in una piccola ramificazione che si apre a destra dell'imbocco orizzontale della grotta, trovarono carboni, frammenti di ossa indeterminabili tra i quali due evidentemente lavorati dall'uomo, un incisivo di Arctomys, un frammento di vasellame grossolano e due raschiatoi di una selce rossastra, la selce che si trova in posto nelle montagne dei dintorni.
Dopo queste ricerche, ricordate anche dallo Stoppani nel capitolo " XIX Serata " del " Il Bel Paese " e menzionate in altri lavori, la grotta venne visitata da amichetti che il 3 luglio 1883 vi trovò, probabilmente nella stessa ramificazione, un coltello dì selce, come risulta da appunti inediti dei quali ha fatto cenno Malanchini (36). Chiesa rinvenne nella grotta ossa di animali che vennero studiate da Airaghi (1): due falangi di Ursus spelaeus Rosen., un femore sinistro e una vertebra lombare di Vulpes vulpes L. e un frammento di metatarso di Cervus sp. Purtroppo non sappiamo con precisione in quale punto della caverna Chiesa rinvenne queste ossa.
Materiale più numeroso venne raccolto da Borra che anteriormente al 1938, scavò specialmente nella ramificazione a destra dell'imbocco orizzontale. Malanchini (36) riferisce dalla viva voce del Borra la descrizione del deposito: si tratta di "un banco d'argilla di circa 60 cm di altezza, lungo otto metri circa. In superficie vi erano alcune decine di cm di terra mista a sassi, poi uno strato di poco spessore di carboni, indicante un focolare, indi sul fondo, argilla attaccaticcia ".
La descrizione del materiale raccolto da Borra e affidato al Museo di Bergamo è stata compiuta da Caffi (15) ed è ripetuta, con maggiori particolari da Malanchini (36). In tutto due cuspidi di freccia di selce, un raschiatoio intero e due frammenti di selce, una accetta levigata di serpentina verde, sette cocci di rozze stoviglie, una collanina di 27 dischetti di calcare bianco di 6-10 mm di diametro e dello spessore di 1-5 mm, perforati artificialmente, una mandibola umana appartenente a individuo di giovane età e un frammento di teschio annerito ma non calcinato assieme a resti minori.
Maviglia, nel 1938 riesaminando i materiali già rimaneggiati dagli scavi precedenti trovò ancora frammenti di rozza ceramica, e Malanchini, riesaminando l'argilla già rovistata dai precedenti scavatori trovò altri trentacinque anellini della collanina descritta da Caffi (15), un pezzo di selce di 13x5x3 min forato artificialmente ad una estremità con un foro di 2 mm, rappresentante probabilmente il pendaglio della collanina, due frammenti di selce, uno dei quali, di colore scuro, era probabilmente la parte inferiore, con il peduncolo completo, di una punta di freccia spezzata, un frammento di vasellame ad impasto grossolano con granuli di quarzo, piuttosto piatto, molto grosso (2 cm e 3/4 di spessore) e provvisto di orlo, assieme ad altri frammenti di vasellame più fine e di vari tipi di impasto. Sempre nel materiale di scavo già rimaneggiato trovò ancora una ventina di frammenti di ossa, in parte anneriti dal fuoco, ed una trentina di frammenti di ossa forse umane, senza tracce di fuoco. Trovò anche le teste e parte di tre omeri umani di braccio destro, appartenenti ad individui di statura diversa, un frammento di ulna e un frammento di radio di braccio sinistro, una falange dell'alluce, e la penultima sezione del coccige, oltre a molti altri frammenti di ossa non identificati. Inoltre trovò poche ossa intere non classificate di animali, tra cui un piccolo astragalo, ed un frutto legnoso, forse nocciola selvatica.
Con i ritrovamenti del Malanchini dovuti a ricerche accurate, si può pensare che il deposito della ramificazione a destra dell'imbocco orizzontale della caverna, sia stato esaurito.
Se vogliamo riepilogare i risultati di tutti gli scavi ci troviamo a considerare pochi resti di animali, probabilmente resti di pasti dell'uomo che vi accese il fuoco nel cunicolo come indicano i carboni spenti nella parte più alta del deposito, molti utensili di selce, frammenti di ossa umane non calcinate e senza tracce di fuoco appartenenti ad individui di altezza ed età diverse, i dischetti di calcare perforati facenti parte di una collanina con pendaglio di selce. Questi resti hanno fatto pensare al Caffi che il Buco del Corno sia stato usato come sepolcreto.
Per quanto riguarda l'età cui risalgono questi resti umani e gli oggetti di industria umana, i pareri espressi sono discordi. Se si considerassero isolatamente le punte di frecce e raschiatoi, secondo Caffi il deposito si dovrebbe attribuire al paleolitico, ma la presenza dell'accetta di serpentina levigata porta ad un'epoca più recente, al neolitico. In base a questi dati e alla presenza della collanina, Caffi conclude che la popolazione che lasciò i suoi resti nella grotta discendeva da famiglia paleolitica e che era contemporanea a popolazioni neolitiche dalle quali potè ricevere le accette levigate di pietra verde e le stoviglie. Gli oggetti di selce sono considerati prodotti di industria locale, essendo della stessa selce che abbonda nella zona. Se i manufatti sono neolitici, dice Caffi, "l'uomo viveva nella Valle Cavallina nel periodo alluvionale, dopo il ritiro dei ghiacciai, quando altrove esistevano già città fiorenti per avanzata civiltà e per uso di metalli ".
Caffi aggiunge che stazioni neolitiche coeve a quella del Buco del Corno furono trovate in aperta campagna a Fornovo, Mozzanica e Loreto nei dintorni di Bergamo e a Vigano in Val Cavallina. Maviglia (36) che esaminò oltre ai cocci raccolti da Borra, studiati da Caffi e conservati nel Museo di Bergamo anche il materiale raccolto da Malanchini, oltre ai frammenti di stoviglie da lui stesso rinvenuti, attribuisce al deposito, pur con riserve, un'età più recente di quella considerata da Caffi, e lo riferisce all'eneolitico.
Si sente comunque la mancanza di notizie su una eventuale stratificazione dei diversi materiali nel deposito. Queste notizie avrebbero potuto illuminare sulla presenza nello stesso deposito degli oggetti di selce riferibili secondo Caffi, se considerati isolatamente, al paleolitico, dell'ascia di serpentina lisciata di età neolitica e del vasellame secondo Maviglia di età eneolitica.
Le ricerche compiute nelle altre parti della grotta non fruttarono, a quanto risulta. abbondante materiale: in fondo al cunicolo che parte a destra dell'imbocco orizzontale della grotta, Malanchini (36) scavando per circa 50 cm. sotto i sassi liberi di superficie in terreno granuloso di colore scuro trovò a profondità diverse quattro denti di cervide, due di roditori. Nel corridoio antistante trovò un dente e pochi altri resti animali.

continua ...

vai all'inizio della pubblicazione ...


Home Page | PRESENTAZIONE | PREMESSA | IL TERRITORIO | LA GEOLOGIA | LA GROTTA | DOCUMENTI | Mappa del sito


Torna ai contenuti | Torna al menu