BUCA DEL CORNO - ENTRATICO


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Stoppani A. XIX serata 1875

DOCUMENTI > STORIA/GEOGRAFIA

Stoppani Antonio, 1875
Il Bel Paese SERATA XIX

LA BUCA DEL CORNO

Un ospite non invitato, 1.- I bagni di Trescorre, 2. Da Trescorre alla caverna delle sgrignapole, 3. - Un incontro spiacevole sotterra, 4. - Un cielo di nottole, 5. - Levata d'un esercito immenso, 6. - Ridicola fuga, 7.- Uno studioso di pipistrelli, 8.- Sentinella morta, 9. - Recessi più interni della buca, 10. - Un pediluvio sotterraneo, 11. - Guerra finita, 12. - L' uomo preistorico, 13.


1 Era una delle prime sere di marzo. Smentendo la sua cattiva fama, il mese aveva principiato con belle giornate, tepide, senza vento. La natura s'era desta per uno di quei risvegliamenti precoci che costituiscono uno dei maggiori pericoli per le campagne subalpine. Guai ai troppo fidenti germogli che, ingannati da mendaci tepori, rompono l'involucro che li protesse dai rigori del verno, e rivestono la campagna di quel verde rado e leggiero il quale più che il verde della speranza, può dirsi il sorriso d'un moribondo! Oh come presto le nebbie e le brine vengono a sciogliere il menzognero incanto! Oh quante volte in quel primo alito di vita si spegne un'attività, che sarebbe stata più tardi così sicura e feconda! Benché alla luce del giorno fosse già sottentrato il timido lume della lucerna, spirava un' aura tepida nella sala ov'era raccolto il mio piccolo uditorio e, cosa nuovissima per quella stagione, le finestre erano rimaste aperte.
Io già aprivo la bocca per intrattenere i nipotini non so se di ghiacciai o di vulcani, quand' ecco mi accorgo che l'attenzione de'miei uditori è sviata. "Che c'è?" domando. "Un pipistrello!", mi rispondono più voci. Alzando gli occhi, vedo come una piccola nube nera che, muovendosi rapidamente, disegnava ruote e ghirigori sulla volta della sala. Era infatti un pipistrello, desto dall'invernale letargo ai primi soffi d'una primavera mendace.
Tutto l'uditorio è in moto, in iscompiglio. Chi guaisce, chi ride, chi si copre la testa, perché ha sentito dire che i pipistrelli appiccano la tigna. D'un tratto eccoti un bosco d' armi e d'armati; chi ha preso una salvietta, chi la granata, chi uno strappo di fascina, e il povero pipistrello, che si trova tagliata la via da ogni parte, moltiplica le ruote e i ghirigori, che pare un mulinello nell'aria. Dàgli di qua!... Dàgli di là !... Finalmente un colpo di granata menato alla cieca da Giovannino, lo coglie; onde sbattuto contro la parete, va a cadere in un angolo della sala, ove s'agita lievemente, oggetto di ribrezzo e di terrore per gli stessi eroi che hanno riportato una così gloriosa vittoria.
Ritornata la calma, tutti si rimisero a sedere, col pipistrello nella testa, di cui tutti volevano parlare ad un tempo, mettendo fuori le più strane sentenze.
"
Miei cari!" cominciai io, quando il chiacchierio si fu alquanto rimesso. "Che avreste fatto, che avreste detto, se vi foste trovati con me nella buca del Corno, ove quasi non era permesso di respirare altro che pipistrelli?"
"Raccontaci, raccontaci!" gridarono tutt'insieme i nipoti; ed io fui ben contento di potermela cavare così a buon patto per quella sera, mentre appunto pensavo, imbarazzato, un argomento con cui soddisfare la curiosità d'un uditorio, che si andava facendo sempre più esigente.

2. "La buca del Corno si trova nelle vicinanze di Trescorre. Non vi sarà nuova questa terra bergamasca, la quale gode d'una vera celebrità in Lombardia per le sue acque sulfuree d' efficacia incontestabile. lo mi ci ero condotto nella state del 1856. A ingannare le noje inseparabili da una cura di bagni, benché ancora zoppicante pei dolori di una sciatica, mi tornavano molto opportune le scorrazzate geologiche nei dintorni, che ben si prestano all' uopo. Dovete sapere infatti che i dintorni di Trescorre sono interessantissimi pel geologo. A poca distanza dallo Stabilimento balneario sono le cave dei marmi carnicini di Zandobbio. Altre cave sono aperte ancora più presso a Trescorre sulla destra del Cherio. La valle di Lesse, che confluisce col Cherio, è celebre ormai pe' suoi fossili di diversa età. Se andrete una volta a Trescorre non mancheranno i villanelli di venirvi a presentare canestri pieni di patate, di pere, di mele, di pesche, di fichi pietrificati. E davvero voi potrete credere che siano veramente tali, ma badate bene: non si tratta che di nuclei di selce, sotto tutte le forme possibili, che si svolgono da una certa roccia argillosa, e all'occhio del naturalista non presentano proprio nulla di singolare. Ma via: non perdiamoci in troppe cose. Io vo' parlarvi della gran caverna de'pipistrelli, la quale deve scriversi la prima sulla lista delle meraviglie della natura, che presentano gli amenissimi dintorni di Trescorre".

3. " - Eh!... quando andiamo a codesta caverna delle sgrignapole?(1) -"
"Domani senz'altro".
"Questo dialogo succedeva fra me e un mio carissimo amico, compagno di sventure, di noje e di allegrie, in quella stagione balnearia. La mattina seguente, pagato all'alba l'inevitabile tributo di un bagno, eccoci pronti a far visita ai geni dei regni bui. C'interniamo nella Valle del Cherio, ossia nella Valcavallina, che presenta una gola abbastanza angusta a nord di Trescorre, per dilatarsi tosto in ameno e fertile bacino. A circa mezz' ora di cammino, eccoci a Entratico, un miserabile villaggio sulla sinistra del fiume. Si ascende per erbosi pendii un' altra mezz'ora incirca, finché si incontra un piano ondulato, dominato da una fattoria. Quel piano, che termina ad oriente con un promontorio, sparso di rade piante, è coperto d'un mantello sdruscito di erbe ed arbusti, da cui traspare l'ignuda roccia. Il promontorio stesso, tronco verticalmente verso il piano, lascia vedere un gran foro, quasi circolare, che accenna di avanzarsi profondamente in seno alla montagna. E la bocca della celebre caverna. Un ruscelletto gorgogliante esce dalla soglia della spelonca, scende a zampilli, a cascatelle, e va a smarrirsi nel piano. Facciamo un po' di sosta sull' ingresso del sotterraneo, per tergere il sudore, e non esporci repentinamente alle frescure che ci attendono; quindi, preso per guida il massajo della fattoria, ci avanziamo entro le viscere della montagna.

4. "La Buca del Corno mantiene per lungo tratto la forma d'una galleria, alta, spaziosa, a volta abbastanza regolare. Scavata nel calcare, che forma 1'ossatura di quelle montagne, potrebbe dirsi una galleria di marmo bianco. Le pareti sono affatto ignude, scarse di stalattiti. Solo a 100 metri circa dell'ingresso, si apre sulla destra una galleria laterale o piuttosto una cupola. Dalla volta, la cui curva si perde nelle ombre di eterna notte, scende un gran masso di stalattite, quasi una cortina d'un gran parato da letto, che è una meraviglia a vedersi. Ma avanti! ché ci stimola la brama di meraviglie ben più decantate.
"Gli ultimi raggi che il sole, riflesso dal verde tappeto della campagna, c'inviava per la bocca dello speco, si smarriscono e muojono nel bujo uniforme, che non distingue il giorno dalla notte. Procedevamo in silenzio.... Chi può difendersi da quel senso di ribrezzo che nell'uomo, creato per la luce del cielo, inspirano sempre i misteri d'una caverna? Precedeva la nostra guida agitando a volta a volta una fiaccola, cioè un ramo resinoso da cui si svolgeva una fiamma bianca e rossigna, guizzante in mezzo ai globi di denso fumo, che si disperdevano, disegnandosi a spirali e cirri, volubili e cinerei, sul fondo immobile e nero. - Che cosa è questa, amico mio? - Chi avesse visto in quel punto il mio viso auggiarsi, l'avrebbe senza dubbio indovinato. Il piede si affondava in qualche cosa di molliccio, di appiccicaticcio, di cui il suolo era coperto, e le rupi sporgenti schifosamente impeciate. Poi si sentiva un certo rumore, come di que' goccioloni che cadono d'estate quando si approssima il temporale; ma chi avesse esaminato quei goccioloni, che si arrestavano sul suolo o sugli abiti, non li avrebbe certo scambiati per gocce di pioggia. Poi sulla mia testa, sui fianchi, a destra, a sinistra, là in fondo, un sommesso chiacchierio, un cinguettio interrotto, come di gente che bisbigliasse. E la pioggia, e il cinguettio, e tutto andava crescendo, man mano che ci andavamo avanzando nelle tenebre.

5. "Che diavolo è codesto? - Sono le sgrignapole, - dice la guida; e levando in alto la fiaccola, e traendone, a furia d'agitarla, guizzi di più vivida fiamma, riesce a spargere di luce fioca e vacillante la buja volta del misterioso recesso. Levo gli occhi quasi paurosi e.... oh meraviglia!.. Se esagero, ditemi che io mentisco. La volta era tutta ricoperta da una specie di panno nero, che discende a drappelloni, a fiocchi, a cascate. Erano migliaja e migliaja di pipistrelli aggrappati colà. Un primo strato ricopriva letteralmente la roccia; poi un secondo si addossava al primo, poi giù giù un terzo, un quarto, formando come un gran coltrone vivente, da cui pendevano grappoli enormi di quei brutti animali, appiccicati gli uni agli altri, avviluppati gli uni negli altri, precisamente come fanno le api, penzoloni dalla bocca dell'alveare, quando sta per separarsi il nuovo sciame, o quando esso si raccoglie pendente dal ramo ove si è posata la fuggitiva regina. È appunto quel popolo di nottole, che sta cinguettando, tramandandosi forse la notizia dell'importuna nostra apparizione; e voi sapete così di dove provenga quella schifosissima pioggia, e perché sì formi il molliccio che insudicia il piano della caverna.
"Per quanto io sia naturalista, immaginatevi quale orribile impressione risentissi nell'animo trovandomi sotto quel cielo di pipistrelli. Confesso anzi il mio debole: io provo tutto l'invincibile ribrezzo che ha il genere umano per quella schifosa progenie. Il peggio si fu quando parecchie delle nottole, a cui sapeva male di lasciarsi accecare dal fumo, cominciarono a sbrancarsi e a svolazzare nella caverna, in cerca di posto migliore. Io le vedevo disegnarsi, come ombre vaganti, sul chiaroscuro dell'aria, o sul bianco delle pareti; udivo il rombo delle ali, come d'un soffio che passi rasente l'orecchio, e parevami a ogni tratto di sentirmi sul viso le carezze di quelle ali, o l'urto di quei corpi schifosi.
"La nostra guida godeva a più non posso delle mie smorfie, delle mie esclamazioni, del mio riso (perché alla fine la era cosa che mi facea ridere), e s'infervorava a rendere lo spettacolo più vivo e piccante, agitando sempre più la fiaccola per mettere in moto quella popolazione, degna delle regioni infernali. I pipistrelli
si agitano, i grappoli si scompongono; quel denso drappo nero è tutto un rimescolio; tutto il vano della caverna un turbinio di roba che scappa, s' incrocia, s'intreccia in mille volubili ruote;
e un rombo crescente, come di folla lontana, risuona nella caverna.

6. "Così ci spingemmo avanti, internandoci sempre, desiosi di giungere al fondo dell'antro. Ma esso si restringe d'un tratto, e ormai si riduce a un pertugio, su per giù dell'altezza e della larghezza d'un uomo; più in là, tenebre e nottole. A me non reggeva l'animo di cacciarmi in quel breve pertugio, ove mi parea che le nottole non avrebbero avuto più campo di aggirarsi senza investirmi da tutte le parti. Avrei desiderato di essere difeso da una di quelle visiere che usano negli esercizi di scherma, ché l'espormi il viso indifeso a quei sozzi projettili, mi urtava i nervi.... e i nervi, sapete, non ragionano. Io e il mio compagno ci arrestammo, quasi per prendere consiglio l'uno dall'altro. Ma il terribile uomo della fiaccola, munito di nervi meno sensitivi, accenna di volersi inoltrare con tale un'aria che sembra dire: - A me! Ora vedranno ciò che so fare.
"Agitando la sua face, cacciossi attraverso quel foro. Si sarebbe detto a vederlo il genio dell' inferno; e parve infatti che al suo mostrarsi in que' bui recessi, migliaja e migliaja di ombre, rideste e scompigliate, gli si affollassero intorno cupamente gemendo. Il rombo cresce man mano che la luce si perde nella notte. Sembra da prima il rumore d'un torrente, poi crescendo, crescendo sempre (narro fedelmente le mie impressioni), mi fa l'effetto d'un tuono prolungato, quale ci giunge da lontano, quando l'orizzonte si cela a sera dietro la negra cortina d'un temporale.
"Io stavo attonito, quasi sgomento, in seno alle ombre, preso da quel sentimento di ammirazione che eccitano sempre i grandi spettacoli della natura.
"Ed era davvero uno spettacolo sorprendente quel mondo di esseri vivi, che si agitava sepolto nelle viscere della terra. O sorrida o minacci, o rallegri o spaventi, in ciò che chiamiamo bello, e in ciò che diciamo orrido, la natura è sempre ammirabile: e sempre una grande rivelazione di Colui che sta sopra alla natura. Il sentimento ond'ero compreso in seno a quella caverna, si rassomigliava affatto, non dubito affermarlo, a quello che provai quando nel cuore delle Alpi sedetti sopra una rupe perduta come isola in un mare di ghiaccio; quando spianai la prima volta lo sguardo sul mare; quando lungo tempo sdrajato sull'orlo cadente del cratere, ascoltavo a misurati intervalli i rantoli del Vesuvio, e vedevo scoppiare dalle sue fauci spalancate un globo compatto di nero fumo, con un getto di pietre nere e di scorie infocate.

7. "Non mi attendeva però che lo strano spettacolo crescesse ancora e a tal punto, che il sentimento dell'ammirazione dovesse rimaner vinto dal senso della ripugnanza. Bisogna dire che i pipistrelli, incalzati sempre più, fuggenti a orde verso il fondo della caverna, si trovassero a un punto ov'era impossibile procedere oltre. Allora fu un indietreggiare disperato di quell'esercito in fuga che non trovava altra via di scampo, se non buttandosi dalla parte d'onde procedeva il nemico. In mezzo ad un rombo spaventoso vidi d'un tratto il vano della caverna riempirsi di quei mostri volanti, che vi si agitavano come il polverio nel raggio projettato attraverso una camera oscura. Il nembo si addensa, si abbuja, ormai la buca è occupata, permettetemi l'espressione, da un' atmosfera di pipistrelli. Per essere fedele alla verità, bisogna che vi confessi la mia debolezza. Un fanciullo, una schifiltosa damina, non sarebbero parsi meno uomini di me. Quel trovarmi inondato di pipistrelli, quel doverli quasi respirare, mi metteva in uno stato di eccitazione nervosa indescrivibile. Mi curvai dapprima colla bocca quasi contro terra per difendere in qualche modo il viso dagl'invasori, poi mi diedi, così carponi, a correre, guajendo per ribrezzo, sghignazzando al tempo stesso come un matto, urtando contro gli scogli come un forsennato, sempre inseguito, circondato, sommerso in quell'onda vivente. Venni così dove la caverna, benché ampia e rischiarata, era già tutta piena di pipistrelli fuggenti che mi avevano preceduto, ed uscii coi più spaventati, a cui il terrore aveva resi tollerabili gli splendori del giorno, più che la scienza non avesse reso a me sopportabili gli orrori della notte. Che facesse intanto il mio amico, non so. Sentivo che sghignazzava dietro di me: ma nol rividi che sulla bocca della spelonca, quando
per quel cammino ascoso
Entrammo a ritornar nel chiaro mondo (2).

8. "Potete pensare se io avessi desiderio di tornare un'altra volta alla caverna per ammirare quello spettacolo ad animo più pacato, e soprattutto per fare qualche po' di studio sulla caverna medesima e sugli abitatori di essa. Ma passarono molt' anni senza che mi si presentasse un' occasione opportuna per ripetere la gita Finalmente, nell' aprile del 1872, ebbi la fortuna d'intraprendere una corsa scientifica nelle valli bergamasche, in compagnia d'un signore, dalla cui dotta conversazione mi ripromettevo assai. E mio dovere dirvene il nome, perché a lui io debbo quanto di meglio potrò raccontarvi di questa nuova gita alla buca del Corno. Egli è il signor Forsyth Major, distinto naturalista, di famiglia scozzese, accasato da qualche anno a Milano e inteso principalmente allo studio dei mammiferi fossili, in cui è valentissimo. Lo studio degli animali fossili ha per base il confronto cogli animali viventi; e però quando gli narrai le meraviglie della caverna di Entratico, non gli sembrò vero di potersi così a buon mercato arricchire di esemplari di quei brutti volatili, conoscerne i costumi, studiare infine tutto ciò che si riferisce alla storia d'una famiglia d'animali, la quale si trova sovente rappresentata da reliquie fossili nei depositi antichissimi delle caverne.
"Andando alla caverna ci eravamo armati di rami frondosi e di un gran sacco. Era una partita di caccia a cui il signor Major voleva dedicarsi con tutti i mezzi suggeriti dalla circostanza e colla speranza d' un favoloso successo. Quei rami frondosi avrebbero menato strage fra quelle orde, di cui gli pareva già di sentire il fragore; l'inesorabile sacco avrebbe sepolti insieme e morti e prigionieri. Ci accompagnavano due contadini; ma stavolta al ramo resinoso avevamo sostituite delle buone steariche, sostituzione ch' io suggerisco a chiunque ami veder meglio, senz'essere accecato o strozzato dal fumo. Anche i pipistrelli gliene sapranno grado.

9. "Entriamo, percorriamo la galleria che precede la camera laterale a cupola, ove rivedo la bella cortina di stalattiti. Tiriamo avanti, aguzzando gli occhi, tendendo l'orecchio.... siamo già all'oscuro.... ma con mia sorpresa, e con atroce disillusione del mio compagno, le sgrignapole non danno segno di vita. Un povero pipistrello, appiccicato solo solo a un lato della caverna, pendente come una bacca, si sarebbe detto 1'unico superstite da un grande sterminio. Sapete? era invece una sentinella morta. Non occorre dirvi che fu la prima vittima della scienza, il primo a scendere in fondo al terribile sacco. Avanti !... avanti !... finalmente si disegnano sul bianco marmoreo della volta alcune macchie nere. Sono drappelli d'avanguardia. Certo più tardi incontreremo l' esercito. Il ramo frondoso si agita, fischia pel cieco aere, e quei piccoli drappelli si sgominano e fuggono squittendo come topi. Alcuni di quei mal capitati vanno intanto a raggiungere la prima vittima della battaglia entro la bolgia di canapa.
"Siamo al pertugio di terribile memoria senza che nulla giustifichi la dipintura che io avevo fatta di quelle orde di pipistrelli, che mi avevano costretto a volgere così puerilmente le spalle. Stavolta mi vi slancio anch' io con un coraggio da leone. M'aveste veduto !... Ma che! non c'era niente, niente affatto, come se i pipistrelli fossero tutti morti.

10. "Potei allora osservare a tutt'agio come, oltre il pertugio, la caverna si biforchi: a sinistra, una specie di crepaccio, molto angusto, a pareti quasi verticali, ma che si leva in alto assai, perdendosi nelle tenebre; a destra una volta stretta e bassa, abbastanza regolare, da cui uscivano gorgogliando le acque ad alimentare il torrentello che percorre la caverna ed esce all'aperto. Condensando possibilmente tutta la luce delle nostre candele entro il crepaccio, si riusciva a illuminare debolmente la volta, la quale non poté nascondere una colonia di pipistrelli piuttosto densa, che vi aveva stabilito, a quanto pare, il suo quartiere d'inverno. Ma invano si sarebbe tentato di raggiungerli colle solite armi; i rami frondosi erano troppo corti. Allora eccoti il signor Major, animato dalla vicinanza della preda, aggrapparsi alla sinistra parete del crepaccio, ajutandosi di mani e di piedi quasi al modo stesso degli animali a cui dava la caccia, cercando di guadagnare una specie di gradino sporgente, donde sperava di arrivare colle pertiche fino ai pipistrelli. Lo raggiunse infatti colla più destra delle due guide. Io, rimasto coll'altra, feci atto, per guadagnar tempo, d'inoltrarmi per l'altra vià.
" - Dove va, signore? - mi grida la guida. - Di là non si passa! -
" - Diamine! - risposi meravigliato, - non si passa?... Perchè non si passa? -
" - Nessuno è mai andato più in là, mi rispose la guida, coll'accento di chi vedesse Cerbero accosciato sulla soglia di quel sotterraneo, o un'Idra, che volesse farmi in sette bocconi, o una Circe che per tutta gentilezza dovesse mutarmi in majale (3)

11. "Un ostacolo c'era tuttavia. Il pavimento della piccola galleria aveva la forma di un bacino, e le acque vi formavano un bel laghetto. Mi accertai nondimeno ben tosto che quello stagno si poteva guadare, se non senza incomodo, almeno senza difficoltà. Levai bravamente e scarpe e calze, e così sgambucciato mi cacciai per quel guado nell'acqua, la quale mi parve una liquida ghiaccia che mi gelava le ossa fino al midollo. In brevi istanti toccai l'opposta sponda. La guida, già s'intende, era rimasta fedelmente al proprio posto. È curiosa, e l'ho osservata più volte, la ripugnanza che ai villici ispirano le caverne. Ne incontrerete difficilmente una appena profonda, che sia stata visitata prima dagli abitatori del luogo che dal forestiero. Un dilettante di caverne non può mai quindi sapere anticipatamente che cosa troverà, se la nicchia d'un grillo, o la caverna del Mammouth (4) Al naturale ribrezzo si aggiunge poi sempre lo spauracchio di certe leggende più o meno assurde, e che si somigliano sempre. Qui, per esempio, la guida ci narrava la storia spaventosa di certi due frati, che si erano inoltrati là dentro e non si erano più visti uscire. Né lui, né il suo babbo, né il suo nonno, se ben mi ricordo, non e'erano ancora al tempo della paurosa avventura; ma il fatto non era perciò meno certo. - Che io dovessi incontrare per via o le due ombre in cocolla, o i due scheletri? la sarebbe una scoperta graziosa!... -

12. "Guadato il pelaghetto, m'inoltrai solo solo, colla scorta del mio moccolo. La caverna continuava angusta, ma non affatto disagiata. Intanto sentivo proprio sulla mia testa voci d'uomini roche, spente, fuse, direi, in un cupo rimbombo, quasi le rupi parlassero. A volta a volta il rimbombo era rotto da un acuto scricchio. Era il signor Major, che inoltrandosi colla sua guida entro il crepaccio, che formava quasi il secondo piano della caverna, andava bravamente bacchiando i poveri pipistrelli come fossero noci o castagne. Probabilmente quel crepaccio veniva a confluire più innanzi colla galleria che io andavo percorrendo; ma né il signor Major né io ci inoltrammo quanto bastasse per verificare il fatto. Egli affaticato da una manovra assai malagevole, io, disgustato della solitudine a cui non era certo conforto il camminare a piedi nudi su quel suolo irto di punte, ritornammo per la via d'ond'eravamo venuti e uscimmo dalla caverna. Ci seguiva portato a modo di trofeo, il terribile sacco, dove si vedevano agitarsi, e udivansi mormorare sommessamente i prigionieri di guerra. Usciti appena ci demmo a frugare, ajutati dallo zappone, il terriccio che formava uno strato dell'altezza di mezzo metro al1'incirca, entro una nicchia laterale, precisamente sull' ingresso della caverna. Speravamo trovarvi gli indizi dell'uomo preistorico".

13. "Dell'uomo preistorico?" interruppe Giannina. "Di quale uomo intendi parlare?"
"È vero", risposi, "non dovevo toccare questo argomento. Bisognerebbe che ne discorressimo lungamente, e vorrei farlo, nel caso, a migliore occasione. Quando si dice uomo preistorico s'intende parlare di popolazioni antichissime, delle quali non è rimasto nessuno ricordo nella storia, e che vissero chi sa in che tempo.... ".
"Prima anche d'Adamo?" domandò ingenuamente Gigina. Uno scoppio di risa universale fece risovvenire la povera interlocutrice, che si accorse di aver fatta una domanda non abbastanza riflessa, benché invero né sciocca né irragionevole.
"Gigina", ripresi, "non ha torto. Dovevo io precisar meglio il senso della parola preistorico. Assolutamente parlando, un uomo preistorico né c'è, né ci può essere, mentre la Storia sacra ci narra per bene la creazione del primo uomo, padre di tutti gli uomini. Ma la Storia profana non rimonta fin là. Essa, per esempio, non possiede nessun documento che le permetta di salire oltre il diluvio, di cui le rimangono molte, ma incerte tradizioni. Quando poi si parla d' Europa, è molto se la storia può rimontare fino ad una dozzina di secoli avanti Cristo, per dirci che esistevano degli Umbri, dei Latini e degli Etruschi (5). Si convenne adunque di chiamare preistorici quegli uomini o quelle popolazioni delle quali si scoprono le tracce, come sarebbero edifici, tombe, armi, attrezzi, ma di cui non c'è nulla di scritto, di veramente storico. Possono dirsi adunque preistorici anche dei popoli tutt'altro che antichi. In America, per esempio, saranno preistoriche le popolazioni che vissero prima della scoperta di Colombo. Nella Nuova Zelanda poi.... sono quasi preistorici i contemporanei di Napoleone. Capite? I nostri preistorici sono invece antichissimi, anteriori agli Etruschi; ma ci lasciarono tali documenti, che ormai se ne può fare anche un pochino la storia. Si sa di certo, per esempio, che abitavano appunto le caverne. Erano esse le loro case, i loro focolari, ove riuniti in famiglie, quegli uomini primitivi sì ammannivano i pasti, fabbricavano le armi e gli utensili domestici. Non è punto un caso raro perciò che s'incontrino nelle caverne le tracce di quegli antichi abitatori; anzi, molte caverne in Italia, in Francia, dappertutto, diedero in tanta copia reliquie di umana industria ai musei di archeologia preistorica, che ormai si conoscono i costumi, si raccontano le vicende d'intiere nazioni, di cui la storia non ricorda neppure il nome. Ma, come dissi, la è cosa da pigliarsi adagio, con molta serietà, con un genere di erudizione difficile e che non è forse ancora alla vostra portata. Vi basti intanto il sapere che anche la buca del Corno offrì il suo piccolo contributo alla storia dei tempi preistorici; carboni spenti, indizio di mense primitive; ossa lavorate, e fin un frammento d'un coltello di selce, e un rozzo coccio, il tutto mescolato ad un terriccio nerastro e grasso, che si poteva proprio dire la spazzatura di quella casa veramente primitiva. Ma io presi ben poca parte a quelle ricerche. Mi sentivo un certo malessere, che andava crescendo e mi aveva alla fine soggiogato, annichilito. Quel pediluvio forzato entro la caverna mi aveva messo la febbre addosso".
"Bella imprudenza!"esclamò una delle mamme.
"Bisognava dirmelo quando stavo per cacciarmi in quel bagno. Forse se ci avessi pensato.... Ma guai se ogni volta che si deve mettere un piede nell'acqua, o esporsi a un po' di brezza, si pensasse che è possibile buscarsi un'infreddatura! Allora bisognerebbe veramente provvedersi d'una bella campana di vetro, e starvi rannicchiati per sempre".
"Ma non conveniva al certo", ripigliò 1'interlocutrice, "pigliarsi la febbre per dar la caccia ai pipistrelli".
"Sarei più scusabile, n'è vero? se mi fossi esposto a prendere la terzana, passando una giornata fitto nel fango d'una palude per prendere un beccaccino, quando non sia cappotto (6) come fanno tant'altri, che si danno 1'aria di conquistatori e d'eroi. Ma che volete Imprudenza per imprudenza, strapazzo per strapazzo, gusto per gusto, preferisco portarmi a casa piuttosto una idea che una beccaccia, degli oggetti da studiare che delle carni da arrostire, dei pipistrelli per arricchirne il Museo che della selvaggina da infilar nello spiedo. A pensare, quanti per la scienza s' ingolfarono entro la ghiaccia polare, e vi stettero imprigionati degli anni, a marcirvi il naso e le dita!..."
"Ma via: arrischiar la salute", volle ripigliar Giannina poco convinta, "per arricchire il Museo...
Poi di che cosa arricchirlo?".
"M'avvedo che voi volete impegnarmi in una questione. Accetto la sfida, ma per un'altra serata".

(1) Sgrignapol è il nome che si da nei dialetti del Bergamasco, e anche del Bresciano, del Cremonese, e delle provincie venete (sgrignapole) di pipistrelli.
(2) Dante, Inferno, cantico XXXIV
(3) Secondo le antiche favole elleno-italiche, Cerbero era un cane, con tre teste o più, che custodiva l'inverno; - l'Idra era un drago spaventoso con sette o nove o cinquanta teste, che rinascevano man mano che si tagliavano; abitava nei dintorni della palude di Lerna nell'Argolide (parte del Peloponneso o Morea) ; - Circe, una maga di origine divina, la quale abitava l'isola Eea presso il promontorio Circeo, oggi monte Circello. Dicono che mutasse in majali i passeggeri che si lasciavano adescare alle delizie del palazzo incantato.
(4) La caverna del Mammouth, che trovasi in America nello stato del Kentucky (uno degli Stati Uniti centrali, all'est del Mississipi) è la più vasta che (si conosca. A nessuno sono noti i confini di quel mondo sotterraneo. Là dentro stendesi un lago di sconosciuta profondità, detto Mar Morto, e più lungi scorrono tre fiumi, Stìge, Lete ed Eco. Uno di essi ha 40 piedi di larghezza (più di dodici metri ) e 30 di profondità (più di nove metri). Si registrano a quest'ora 226 viali o gallerie, che misurano in complesso una fuga di 350 chilora., e conducono a mete diverse. La più lontana che si tocchi dai curiosi nel loro giro di più giorni è la Roghans-hall, una sala a nove miglia dall'entrata, ove si pranza al suono d'una cascata
(5) II prof. Conestabile nella sua Memoria sulle antiche immigrazioni in Italia, letta al Congresso per gli studi preistorici in Bologna nel 1S71, dice che gli Etruschi sono il punto di partenza del periodo storico.
(6) Cappotto è voce di giucco in uso anche in Toscana, dove si dice che è cappotto chi fa tutte le date, cioè guadagna tutti i punti. In Lombardia si dice che piglia cappotto chi perde la partita, senza guadagnare un sol punto.

Pubblicato nel 1875 questo volume ebbe un enorme successo e contribuì ad avvicinare la popolazione italiana alla scienza e all'apprezzamento delle bellezze naturali del nostro Paese

Inizio del Capitolo XIX del Bel Paese dedicato alla Buca del Corno di Entratico






La Buca del Corno di Entratico rappresentata in una stampa del volume







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