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DOCUMENTI > BIOLOGIA
Mangili Giuseppe, 1796
Lettera dell'Abate Giuseppe Mangili
al celebratissimo
Sig. Prof. Spallanzani.
Visitando io, celebratissimo Sig. Professore, nel passato settembre le amene colline, e le montagne di nostra Provincia, che rimangono all' oriente di Bergamo, le quali anche al Naturalista novello forniscono oggetti assai, interessanti, per ciò che riguarda il Regno minerale singolarmente, mi venne il talento di vedere la tanto presso noi decantata grotta dell'Entratico, nella quale mi fu detto trovarsi un prodigioso numero di pipistrelli, e tra questi alcuni di una singolare grandezza. Io non le accennerò i favolosi racconti, che di quella grotta si fecero in varj tempi, e nemmeno le congetture da diversi immaginate intorno alla formazione della medesima, avvegnachè molte ragioni mi conducono a credere ch'essa piuttosto sia stata prodotta, dall'accidente contemporaneamente alla formazione della montagna cui appartiene, di quello che abbiasi a riputare un prodotto dell'umana industria a disegno di cavarvi metalli o checchessia, come altri pretesero, e tuttavia pretendono.
La grotta dell'Entratico quasi al principio della Val Cavallina è distante da Bergamo circa 14 miglia. L'ingresso di questa grotta è rivolto precisamente a Settentrione; desso è largo circa 10 braccia, avendone più di sette in altezza. Il pavimento è marmoreo al principio, le pareti e la volta sono di pietra calcaria comune. Continua tortuosamente codesta grotta nell'interno dell'appendice montuosa con qualche sensibile inclinazione verso la parte esterna con un diametro or maggiore ed or minore dell'accennato, ornata qua e là di rozze stallatiti, e fornita nelle parti laterali di grotte secondarie, una delle quali per la smisurata altezza chiamasi da que' paesani il campanile.
Dopo 250 passi all'incirca la grotta rimane quasi interamente chiusa da un grossissimo macigno, il quale non lascia per il passaggio se non un foro oblungo assai ristretto.
Ma appena superato questo alquanto malagevole passaggio, la grotta acquista una maggiore larghezza, ed un'altezza di 20 e più braccia, onde questo luogo fu chiamato il Salone della grotta, e quivi fu dove cominciai a vedere dei pipistrelli volanti, e sentire a piccola distanza lo stridere di un numero assai maggiore. Il pavimento del salone poi era tutto sparso del concime dei pipistrelli, il quale vi si accumula a così grande quantità, che sul finire dell'autunno sogliono gli agricoltori finitimi alla grotta avidamente estrarnelo per fecondare i loro terreni, singolarmente gli orti, trovandolo essi sopra ogni altro concime opportunissimo.
La grotta in questo luogo in due si divide: per un ramo alquanto ascendendo vassi alla sala dei pipistrelli, la quale ha una volta spaziosa e quasi piana, che vidi tutta coperta di pipistrelli tutti pendenti da essa ed insieme strettamente uniti, svolazzando alcuni per l'aere sparso esso pure di numerosissimi insetti del genere de' Longipedi (Tipula LINNAEI), che certamente almeno in parte avranno servito di pastura a più di due mila pipistrelli, che in quella remotissima, e perpetuamente tenebrosa parte della caverna stanziavano, diminuendo così in qualche parte ad esso loro la provida Natura la fatica dello uscire per quelle caccie notturne, delle quali non possono dispensarsi per sostentare la vita.
E potrebbesi egli credere, che in questi medesimi insetti, che servon di pascolo ai pipistrelli, sia l'organo dell'udito quello, che regola i loro voli, come pare indubitatamente che lo sia ne' pipistrelli dopo le di lei nuove bellissime e sommamente ingegnose sperienze unite a quelle del celebre Jurin di Ginevra, che hanno riscosso l'ammirazione ed i plausi di tutti i Saggi dell'Europa, avendo ella come in altre parti della Fisica Animale così in questa esteso con universale sorpresa i limiti dell'umano sapere. Ma per tornare al proposito nostro essendo io provveduto di uno schioppo carico a pallini, tentai un colpo contro quel numerosissimo esercito di pipistrelli, sì per conoscerne la specie, come ancora per vedere cosa produceva sopra il loro sensorio quello per esso loro inaudito rimbombo. Per tale colpo più di 40 caddero sul pavimento, alcuni morti, ed altri solamente feriti, fuggendo gli altri tutti a precipizio per le varie rovinose appendici della grotta. Esaminai i caduti, e vidi essere tutti veri murini, sopra i quali io aveva fino dalla primavera dell'anno scorso fatto delle ricerche zootomiche mettendo in chiaro tutte le parti componenti l'organo dell'udito, i nervi del tatto, ec., le quali avrei pubblicato, se non avessi saputo, che due valentissimi Anatomici di Lei ,Amici JURIN e GIRARDI,avevano fatto simili ricerche chi sull'orecchione (Vespertilio auritus LIN.), e chi sui murini, e che ella pensava di darle alle stampe.
Al di là della sala dei pipistrelli mi innoltrai pochi passi, essendochè una larga e profondissima spaccatura metteva insuperabile ostacolo al mio cammino, e però sceso nuovamente nel salone, m'avanzai per cento e più passi nell'altra appendice della grotta, la quale sebbene più ristretta e più tortuosa, e piena d'intoppi, pure è più praticabile della dianzi descritta, finché si arriva ad un limite non senza un gravissimo pericolo superabile, e dove pensai d'arrestarmi, considerando d'altra parte, che la grotta in quel luogo era moltissimo ristretta, di piccola altezza, e probabilmente vicina al suo ultimo confine. Questa seconda appendice è pur essa fiancheggiata da appendici minori, ma in tutto questo tratto non vidi se non pochissimi pipistrelli volanti. E questo è quanto mi venne fatto di osservare nel giorno diciannove settembre. Avendo poi avuto anche da V.S. Ill.ma ai primi di dicembre un cortesissimo cenno, perchè rivedessi quella grotta, allora con tanto maggior impegno e sollecitudine intrapresi di ripetere le opportune osservazioni sopra la medesima, in quanto che si trattava di più di compiacere un tanto Filosofo, e di vedere inoltre, se i murini di quel luogo si conformassero precisamente nelle maniere coi murini degli altri luoghi di Lombardia, i quali tutti sembra che passino a svernare in più calde regioni. Nel giorno 14 dicembre adunque cavalcai alla volta della grotta, e pervenuto a Zandobio, colà mi trattenni, per disporre frattanto quanto era convenevole per visitare nella seguente mattina la grotta, accolto dalla Nobilissima Signora Contessa SOARDI Dama di grandissimo spirito, degna Madre della gran LESBIA di Lei Amica, e del Conte SOARDI esso pure allievo ed Amico, cui Ella fino dal tempo di sua educazione in Modena seppe inspirargli tale trasporto per lo studio delle Naturali cose, ch'egli dopo aver formato una scelta Biblioteca in Bergamo sta ora perfezionando l'orto Botanico da lui formato nella sua villa di Lurano ricco di già per altro di quasi due mila distinte specie di piante. Nella mattina del 15 adunque con due uomini, che mi servivano di guida, entrai nella grotta, e fatti colà entro 150 passi, osservai un gruppo di forse ottanta pipistrelli pendenti dalla volta, i quali erano del tutto letargici, e mossi quindici in venti passi più innanzi ne vidi un altro gruppo di forse centocinquanta, i quali erano medesimamente letargici, e tutti pendevano dalla volta, non già gli uni dagli altri, come qualche volta si osserva. La curiosità però, in cui era di vedere se numerosi erano peranco i pipistrelli nel luogo in cui mi venne fatto di osservarli nel passato settembre, mi determinò a passar oltre senza tentare cosa alcuna sopra i due gruppi di già veduti. Ma la qualche mia aspettazione andò del tutto fallita, giacché neppur uno potei osservarne in quel luogo. Penetrai più addentro non senza grave pericolo per le lunghe e rovinose appendici di quella grotta, né avendo potuto osservarvi alcun pipistrello, e nemmeno alcuno degl'insetti in istato di letargia o di veglia, da me colà osservati nelle passate vacanze, tornai addietro per tentare qualche sperimento sopra i due gruppi già da me veduti.
Accostai primieramente ad uno di questi pipistrelli, che era del tutto isolato, una fiaccola a vento, in guisa che bruciavano i peli e le orecchie, ma questo non si destò dal sonno, se non allorquando le sue orecchie furono quasi totalmente dalla fiamma consunte, ed allora scosse due o tre volte la testa, staccossi, e scese lentamente sul pavimento.
Credendo che lo sparo dell'archibugio potesse eccitarli più facilmente, lo sparai orizzontalmente, e vedendo che punto non si erano mossi a tanto rimbombo, lo sparai una seconda volta carico a pallini contro di essi, de' quali ne caddero più di venti, rimanendo gli altri attaccati alla volta senza punto scuotersi.
Dopo di ciò presi la risoluzione di staccarne alcuni con una pertica, e staccati o si arrampicavano sulla estremità di essa, o lentamente cadevano sul pavimento senza quasi punto volare, solo qua e là arrampicandosi per cercare qualche nascondiglio tra le fenditure, talché pareva che veramente avessero perduto la facoltà di volare, la quale peraltro acquistarono nel giorno seguente, essendo stati quelli da me raccolti per buona pezza in una stanza piuttosto calda.
Osservai con qualche mia sorpresa che i settanta e più pipistrelli da me raccolti erano tutti della specie detta da GMELIN Ferrum equinum, non vi essendo tra tanti nemmeno un solo murino. Sparai una terza volta l'archibugio carico a polvere per vedere se alcuno di quelli del secondo gruppo se ne fuggiva, ma appena in due o tre potei scorgere qualche movimento stando peraltro sempre attaccati alla volta della grotta.
Il dilicatissimo termometro Reaumuriano che meco aveva, segnava circa 10 gradi sopra il zero al luogo, in cui i pipistrelli se ne stavano letargici, e segnava soli sei gradi all'ingresso della grotta.
Queste sono, celebratissimo Sig. Professore, le poche osservazioni da me fatte sopra i pipistrelli della grotta dell'Entratico, le quali assai volentieri le offro a Vossignoria in contrassegno del distinto ossequio, che le professo.
Bergamo 4 Gennaio 1796.
ancora dell'autore ...
Mangili Giuseppe, 1807
SAGGIO D'OSSERVAZIONI per servire ALLA STORIA DEI MAMMIFERI
Giuseppe Mangili è nato a Caprino Bergamasco (Bergamo) il 7 marzo 1767. Dopo aver compiuto gli studi presso il seminario di Bergamo e aver preso i voti, nel 1786 ottenne la cattedra di grammatica nel collegio Mariano di Bergamo. Nel 1790 lasciò l'insegnamento e, trasferitosi a Pavia, nel 1793 conseguì la licenza in fisiologia e anatomia, a cui seguì un nuovo periodo d'istruzione a Firenze. Nel 1799 fu richiamato a Pavia, dove gli fu assegnata la cattedra di storia naturale e la direzione del museo annesso. Si dedicò principalmente allo studio di tre temi: il sistema nervoso degli invertebrati inferiori, il letargo nei mammiferi e gli effetti del veleno delle vipere. Il Mangili fu membro di numerose accademie scientifiche, fra cui la Società medica di Bologna e l'Ateneo di Bergamo, nel quale presentò anche alcuni carmi dopo il ritiro dall'insegnamento. Morì il 15 novembre 1829 a Bergamo.
Il celebre professore pavese Lazzaro Spallanzani (1729 – 1799) col quale il Mangili era in contatto nel periodo pavese