BUCA DEL CORNO - ENTRATICO


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Teruzzi G. 1963 - 2

DOCUMENTI > PALEONTOLOGIA

L'antica geografia

Come si presentava l'area di Entratico nel corso del periodo Giurassico? Certamente il suo aspetto era notevolmente diverso da quello attuale. Innanzitutto la catena alpina non si era ancora sollevata. Le rocce sedimentarie che oggi compongono le Prealpi andavano formandosi al fondo dei mari che ricoprivano la regione, e facevano parte della piattaforma continentale paleoafricana. A oriente questi mari si approfondivano nell'antico oceano della Tetide, oggi scomparso. La Tetide infatti, a forma di grande cuneo che si spingeva fino al Giappone, fra Africa e India a Sud e il blocco eurasiatico a nord, si andava allora allargando, proprio come accade oggi all'oceano Atlantico,- questo allargamento provocava nelle aree corrispondenti alla Lombardia lo sprofondamento di vaste porzioni di fondali marini, che formavano così dei bacini profondi, mentre altre parti rimanevano più sollevate. Su questi altifondi l'apporto di sedimenti (fango o altro) fu piuttosto scarso nel corso del Toarciano, così che in lunghi periodi di tempo si accumularono solo esigui spessori di sedimento: i pochi metri (5-6 a Entratico) del Rosso Ammonitico. Successivamente, per milioni di anni, sopra i calcari marnosi del Rosso Ammonitico si andarono depositando sedimenti tipici di un mare più profondo, come le radiolariti rosso brune, formate dai gusci silicei dei radiolari, microscopici organismi unicellulari, o i calcari marnoso-selciosi noti come "Rosso ad Aptici", sui quali torneremo più avanti.
È solo verso la fine del periodo Cretacico, a partire da circa 90 milioni di anni fa, che la zolla africana iniziò a ruotare contro la zolla eurasiatica. Di conseguenza la Tetide iniziò a restringersi, i suoi fondali, costipati, ad innalzarsi, ad accavallarsi; il gigantesco fenomeno coinvolse rocce seppellite anche fino a venti chilometri di profondità, che vennero portate alla luce andando a formare il nucleo della catena alpina. È per questo motivo che oggi troviamo innalzate le rocce di Entratico formatesi in fondo al mare, e ancora per questo motivo le formazioni rocciose non sono ordinatamente disposte le une sopra le altre, ma sono spezzate, piegate, sovrapposte, rendendo così difficile il lavoro di ricostruzione delle varie fasi della loro storia.

Altri fossili di Entratico

Torniamo ancora brevemente ai fossili. Le ammoniti non erano i soli organismi a vivere nell'antico mare di Entratico. G. De Alessandri, in un suo lavoro del 1904 dedicato alla geo-paleontologia dell'area del M. Misma, cita nel Toarciano di Entratico anche la presenza di resti dì crinoidi e di brachiopodi. I crinoidi erano degli echinodermi, con affinità zoologiche quindi coi ricci di mare; il loro aspetto era assai peculiare: si componevano di una radice, che stava infossata nel fondale, di uno stelo formato da successivi cilindretti calcarei, sormontato da un calice provvisto di corte braccia: l'aspetto generale ricorda quello di un fiore dai petali lunghi e sottili, e per questo i crinoidi sono noti anche come "gigli di mare"; i brachiopodi invece sono organismi con un guscio a due valve, come quello dei più comuni lamellibranchi (vongole, cozze), dai quali tuttavia differiscono per molte caratteristiche anatomiche e per il fatto che le valve, anziché essere laterali come nei lamellibranchi, sono una ventrale e l'altra dorsale.
In altri giacimenti fossiliferi lombardi della stessa età delle ammoniti di Entratico si sono conservati pesci, gamberi, molluschi e ricci di mare, anche se ancora non si ha traccia da noi dei grandi predatori dell'epoca, i grandi rettili marini, per i quali le ammoniti costituivano una ricca fonte di cibo, proprio come oggi lo sono i grandi branchi di calamari per i delfini e i capodogli. Il fatto che mancano nel Toarciano fossili di questi e altri organismi può dipendere da diversi fattori, legati per esempio alle modalità di deposizione (i gusci leggeri delle ammoniti possono essere stati fin qui trasportati dalle correnti, per esempio, mentre altri resti si sono depositati altrove), oppure ad una situazione ecologica particolare: in questa ristretta area le ammoniti potevano essere particolarmente abbondanti mentre rari o assenti erano altri animali provvisti di parti dure (gusci, ossa, denti) atte a conservarsi allo stato fossile.
Qualche decennio dopo la comparsa della citata pubblicazione di Maironi da Ponte in cui si accennava alle ammoniti di Entratico, nel 1846 P.C. Vimercati Sozzi dedica invece un opuscolo di una ventina di pagine, corredato di due tavole illustrative, alle belemniti di Entratico. Anche le belemniti, come le ammoniti, sono dei molluschi cefalopodi estinti. Il loro aspetto generale doveva essere assai simile a quello degli attuali calamari, che si sono evoluti proprio dalle belemniti. Allo stato fossile di questi organismi si conserva di solito il lungo rostro a forma di puntale, che faceva parte della conchiglia interna, omologa a quella delle odierne seppie ("osso di seppia"). Le belemniti si rinvengono, come già accennato, nei calcari marnoso-selciosi noti nella letteratura geologica come Rosso ad Aptici.
Il nome di questa formazione è dovuto al fatto che, oltre alle belemniti, vi si trovano con una certa frequenza anche gli "aptici", resti calcarei di forma subtriangolare, che vengono interpretati come pezzi dell'apparato masticatore delle ammoniti o come opercoli a chiusura della loro conchiglia. Questo significa che assieme alle belemniti vivevano le ammoniti; tuttavia il loro guscio non si è conservato in questa formazione, con ogni probabilità perché le condizioni chimico-fisiche del fondale marino erano tali da conservare la calcite, di cui erano composti i rostri delle belemniti e gli aptici, mentre i gusci delle ammoniti, composti da aragonite venivano ben presto disciolti dopo la morte dell'animale.
Nel concludere questa breve nota sui fossili di Entratico, vorrei fare una considerazione. Oggi l'attività estrattiva a Entratico è cessata, ed è persino arduo riconoscere gli antichi affioramenti. Tuttavia la "storia" paleontologica di Entratico non è ancora stata scritta per intero. Non sappiamo quant'altro si celi negli strati sedimentari dei nostri monti: lo dimostrano le continue scoperte che vengono effettuate nella nostra regione. Non è quindi da escludere che dei ritrovamenti futuri, sia casuali che frutto di ricerche organizzate, possano aggiungere nuovo materiale per un ulteriore sviluppo di questo capitolo.

(1) Si chiamano fossili-guida quelle specie fossili che hanno avuto una grande distribuzione arcale e una breve durata nel tempo, in modo da caratterizzare con precisione un certo intervallo del tempo geologico. Per fare un esempio, il ritrovare lo stesso fossile-guida in rocce, anche diverse dal punto di vista della composizione litologica (come per esempio un'argilla e un calcare), di Entratico, della Francia e dell'Inghilterra, permette di assegnare a queste rocce la stessa età.

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Bibliografia
De Alessandri G., 1904.
Il Gruppo del Monte Misma (Prealpi Bergamasche). Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, voi. 42.
Maironi Da Ponte.G., 1812.
Osservazioni sopra alcune particolari petrificazioni del Monte Misma, Dipartimento del Serio. Bergamo, Tipografia Sonzogni.
Vimercati Sozzi P.C., 1846.
Sulle belemniti d'Entratico. Bergamo, Stamperia Mazzoleni.
Zanzucchi G., 1963.
Le Ammoniti del Lias Superiore (Toarciano) di Entratico in Val Cavallina (Bergamasco orientale). Memorie della Società italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, voi. XIII, fase. 3.

se sei interessato ai fossili di Entratico vedi anche ...

Belemniti raccolte in Valle della Colta, ad Entratico, da Enrico Pezzoli

Tavole illustrative delle belemniti di Entratico tratte dall'opera di P.C.Vimercati Sozzi del 1846.

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