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DOCUMENTI > GEOLOGIA
Zambelli Rocco, 1994
LA STORIA DEL NOSTRO TERRITORIO
Dal libro: “Entratico”
La scala di quattro gradini
Una scala di quattro gradini, si può chiamare territorio? L'ambiente scelto dagli antenati degli abitanti di Entratico è davvero simile ad una scaletta con gradini adatti a passi di giganti.
Il fondo della scala è bagnato dal Cherio; poi c'è la salita che porta al paese che è posto su un pianoro poco inclinato, il quale forma la superficie del primo gradino.Più sopra, un'altra salita ripida porta ad un pianoro più elevato e leggermente ondulato, sul fondo del quale si apre la Buca del Corno: ecco il secondo gradino.
Il terzo pendio porta ad una superficie alta e maggiormente ondulata: occorre un po' di attenzione per distinguere questo pianoro, perché milioni di anni fa là c'era un piano, che le acque hanno profondamente modellato; attualmente esso fa parte del terzo gradino.
Il quarto gradino è ancora più alto: esso è formato dalla cima del Monte Sega: il solito pendio ripido, e la sommità ondulata. Da tanto tempo la sommità e emersa dall'antico mare, l'acqua l'ha limata notevolmente. Seppure un po' rovinato dal tempo, questo è il quarto gradino della nostra scaletta. Tre vallette (Val della Colta, Val della Vena e Val dei Brugali) erodendo i canali profondi nei quali scorrono le loro acque, hanno tentato di rovinare la scaletta; ma sono riusciti solo a decorarla.
La Geologia è impegnata a decifrare la storia degli avvenimenti che dapprima hanno preparato il materiale necessario per costruire la scala (le rocce), e che poi hanno modellate quelle rocce forgiando i quattro gradini che ormai consideriamo «nostri».
Storia geologica
Una storia può essere raccontata solo se ci sono dei documenti ben conservati che permettano di ricostruirla. La storia più antica si chiama Geologia; i suoi documenti sono le rocce e le loro stratificazioni. Ogni roccia conserva delle tracce fissate quando essa si formava. Nelle rocce vulcaniche ci sono i cristalli formatisi in seguito alla solidificazione delle lave; negli strati depositatisi sul fondo del mare ci sono i minerali e i resti fossili dei gusci e delle ossa degli animali caduti sul fondo e rimasti sepolti nella melma che sarebbe diventata roccia. Ogni strato è un foglio con dei contrassegni che il geologo deve imparare a leggere.
I fogli più antichi della storia della Terra sono andati distrutti o sono molto deteriorati e illeggibili. È impossibile ricostruire una storia chiara di quei tempi; bisogna accontentarsi di supposizioni. Sul nostro territorio le rocce più antiche mancano; le meno antiche, fino ad una certa data, sono state rovinate. Causa di questi inconvenienti sono i continenti che non stanno al loro posto, ma continuano a spostarsi. Quando, nei loro movimenti due continenti si scontrano, le rocce vengono rifuse (tornano lava che non conserva più le tracce originali) oppure vengono compresse o stirate tanto che la massima parte degli antichi segni rimane danneggiata. Le nostre più antiche rocce ben conservate rimontano a circa duecentottanta milioni di anni fa. Da quella data cominceremo la storia; mentre riassumeremo in una breve «preistoria» gli avvenimenti precedenti.
Duecentottanta milioni di anni fa la Bergamasca era una estesa pianura in mezzo ad un immenso continente. Non esistevano le Alpi né gli Appennini; e gli attuali continenti oggi dispersi in gran disordine, erano collegati a formare un solo grande territorio, che i Geologi, i quali han pur diritto di inventare qualche nome, hanno chiamato Pangea. Così hanno chiamato Pantalassa l'immenso oceano che circondava la Pangea. Di questo territorio noi ci trovavamo nella parte centrale: appunto tra Europa, Africa, Asia e America. Territorio piatto e arido come il mezzo di qualsiasi grande continente.
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Rocco Zambelli (1916 - 2009).
Ricercatore e conservatore fino al 1981 presso l’Istituto di Paleontologia e Geologia del Museo di Scienze. Dotato di una spiccata capacità di divulgazione e animazione culturale ha condotto numerose attività di ricerca e studio quale specialista di vertebrati triassici e pioniere della speleologia bergamasca pubblicando numerose opere che costituiscono un forte riferimento per i cultori bergamaschi delle scienze naturali negli anni ’70 e ’80. Ha percorso con passione le montagne bergamasche divenendone un conoscitore come pochi, promuovendo ricerche geologiche e paleontologiche su tutto il territorio provinciale e catalogando collezioni di geologia e archeologia. A lui si deve la descrizione di numerose nuove specie paleontologiche e tra queste emerge per importanza la prima descrizione dello Pterosauro Triassico Eudimorphodon ranzii. È stato tra i fondatori del Gruppo Speleologico Bergamasco curandone il catasto delle grotte della Provincia di Bergamo. Nella sua opera di divulgazione ha saputo armonizzare gli aspetti scientifici con la storia locale, doti queste che ha messo a frutto anche nella stesura del presente capitolo riguardante il territorio di Entratico.
Rocco Zambelli era dotato di una grande capacità di divulgazione scientifica non risparmiandosi per allevare schiere di giovani nella conoscenza naturalistica della bergamasca coinvolgendoli nelle sue ricerche. Nella foto degli anni '50 l'autore del capitolo all'ingresso della grotta di Entratico. (foto di Enrico Pezzoli, 1964)